I disegni della Divina Commedia furono effettuati tra il 1861 e il 1868.
I suoi contrasti di bianco e nero, rendono alla perfezione la forza realistica dell’opera ed ha contribuito notevolmente a farla conoscere nel mondo; numerose sono le edizioni di libri con i suoi disegni.
Affermatosi come artista eclettico nei maggiori generi della sua epoca, ha segnato l'immaginario del XX secolo e quello di inizio XXI nel campo cinematografico e nel fumetto,di cui è considerato uno dei padri fondatori.
A cura di Elisabetta
CICLO DEGLI UOMINI E DELLE DONNE ILLUSTRI
Questo ritratto di Dante fa parte di un ciclo di affreschi ritrovati nel 1847 all’interno di Villa Carducci (poi Pandolfini), che si trova a Firenze nella zona di Soffiano-Legnaia.
Gli affreschi denominati “Ciclo degli uomini e delle donne illustri” furono commissionati dal gonfaloniere Filippo Carducci ad Andrea del Castagno, che li dipinse nel 1455.
Quando furono trovati vennero rimossi dalla parete; dopo il restauro e varie vicissitudini sono stai esposti agli Uffizi.
Il ciclo raffigura vari personaggi dell’antichità e tra i letterati, oltre a Dante, vi sono Petrarca e Boccaccio.
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RITRATTO
DI DOMENICO di MICHELINO NEL DUOMO DI FIRENZE
Divina Commedia Purgatorio V, 94 – 96
……..”
Oh ! , rispuos'elli, a pie' del Casentino
traversa un'acqua c'ha
nome l’ Archiano,
che sovra l'Ermo nasce in Apennino.”
Ermo – Eremo di Camaldoli . Oggi si intendono il monastero e la foresta circostante, area compresa nel Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi. Si trova a un’altezza di circa 1100 m. e fu fondato da San Romualdo nel 1025 circa in una radura detta Campo di Maldolo, probabilmente dal nome del proprietario dei terreni. Tra le celle visitabili anche quella dello stesso San Romualdo, citato nel Paradiso XXII, 49.
Circa 3 km sotto l’eremo, si trova il monastero, nato come ospizio per i pellegrini. Il monastero era chiamato anticamente Fonte-Bono; accanto ad esso scorre il Fosso di Camaldoli che va a gettarsi nell’Archiano, e che era considerato fino al XV secolo la parte iniziale di questo torrente. Solo successivamente prese il nome di Fosso di Camaldoli e Archiano fu denominato quel tratto di corso d'acqua che proviene da Badia Prataglia.
Paradiso XI, 106
……”.nel
crudo sasso intra Tevero e Arno
da Cristo prese l'ultimo
sigillo,
che le sue membra due anni portarno”
crudo sasso – La Verna: nel 1224 vi si ritirò San Francesco d'Assisi con i suoi seguaci, edificandovi una piccola chiesa. Nel 1262 i Conti Guidi vi fecero edificare la Cappella delle Stimmate come segno di devozione verso il Santo. Un erudito francescano del Seicento, Padre Salvatore Vitale, racconta in un libro devozionale l’antica storia del luogo: «Questo sacro Monte, per tradizione di memoria antichissima si sa, e per molti Autori, che fu nominato Laverna per un Tempio di Laverna, Dea gentilica di ladroni quivi edificato, e frequentato da molti briganti che si rifugiavano nelle caverne e nel bosco da dove potevano recarsi a predare i viandanti”. Laverna, un’antica divinità italica del mondo sotterraneo, era venerata anche a Roma come protettrice dei ladri. Il Santuario, nella forma che conosciamo oggi, con il grande convento e la basilica maggiore, venne eretto nel XV e XVI secolo.
𝑫𝒊𝒗𝒊𝒏𝒂 𝑪𝒐𝒎𝒎𝒆𝒅𝒊𝒂 - 𝑷𝒂𝒓𝒂𝒅𝒊𝒔𝒐 𝑿𝑿𝑰 - 106
“𝘛𝘳𝘢 𝘥𝘶𝘦 𝘭𝘪𝘵𝘪 𝘥’𝘐𝘵𝘢𝘭𝘪𝘢 𝘴𝘶𝘳𝘨𝘰𝘯 𝘴𝘢𝘴𝘴𝘪, 𝘦 𝘯𝘰𝘯 𝘮𝘰𝘭𝘵𝘰 𝘥𝘪𝘴𝘵𝘢𝘯𝘵𝘪 𝘢 𝘭𝘢 𝘵𝘶𝘢 𝘱𝘢𝘵𝘳𝘪𝘢,
𝘵𝘢𝘯𝘵𝘰 𝘤𝘩𝘦 𝘪 𝘵𝘳𝘰𝘯𝘪 𝘢𝘴𝘴𝘢𝘪 𝘴𝘰𝘯𝘢𝘯 𝘱𝘪𝘶̀ 𝘣𝘢𝘴𝘴𝘪,
𝘦 𝘧𝘢𝘯𝘯𝘰 𝘶𝘯 𝘨𝘪𝘣𝘣𝘰 𝘤𝘩𝘦 𝘴𝘪 𝘤𝘩𝘪𝘢𝘮𝘢 𝑪𝒂𝒕𝒓𝒊𝒂,
𝘥𝘪 𝘴𝘰𝘵𝘵𝘰 𝘢𝘭 𝘲𝘶𝘢𝘭𝘦 𝘦̀ 𝘤𝘰𝘯𝘴𝘦𝘤𝘳𝘢𝘵𝘰 𝘶𝘯 𝘦𝘳𝘮𝘰 ,
𝘤𝘩𝘦 𝘴𝘶𝘰𝘭𝘦 𝘦𝘴𝘴𝘦𝘳 𝘥𝘪𝘴𝘱𝘰𝘴𝘵𝘰 𝘢 𝘴𝘰𝘭𝘢 𝘭𝘢𝘵𝘳𝘪𝘢”
L’origine del convento di 𝑺𝒂𝒏𝒕𝒂 𝑪𝒓𝒐𝒄𝒆 𝒅𝒊 𝑭𝒐𝒏𝒕𝒆 𝑨𝒗𝒆𝒍𝒍𝒂𝒏𝒂 risale al 980 circa, quando una piccola comunità di eremiti scelse di dimorare in questa boscosa insenatura alle pendici del 𝑴𝒐𝒏𝒕𝒆 𝑪𝒂𝒕𝒓𝒊𝒂, (attualmente provincia di Pesaro e Urbino) circondata da alberi di nocciolo (le avellane) e dalla sorgente d’acqua da cui deriva il nome. Certamente il romitorio sorse sotto l’influsso di San Romualdo, il patriarca della vita eremitica in Occidente, fondatore dell’Eremo di Camaldoli e dell’ordine dei Camaldolesi.
Secondo gli Annales Camaldulenses, Dante nel 1318 fu ospite di Bosone di Gubbio e in quell’anno sarebbe stato a Fonte Avellana. Vi avrebbe dimorato qualche mese per usufruire della doviziosa biblioteca e avrebbe composto alcuni canti del Paradiso.
Lo sviluppo di Fonte Avellana iniziò con San Pier Damiani, figura chiave del monachesimo occidentale che visse e operò nell’XI secolo e al cui operato si deve non solo il nucleo originario della costruzione, ma anche l’impronta spirituale, culturale e organizzativa che resero l’eremo un centro d’attrazione e di diffusione della vita monastica. San Pier Damiani scrisse anche una biografia di San Romualdo circa 15 anni dopo la sua morte.
CHIESA DI CERTOMONDO - POPPI (Ar)
Ex Convento dei frati Minori Francescani, fondato dal conte Guido Novello nel 1262 in occasione della vittoria dei Ghibellini a Montaperti nel 1260. Il convento nel corso del tempo è stato anche sede del tribunale dell’ Inquisizione e nel 1846, in un vecchio bosco di cerri dietro la chiesa, fu scoperto un sepolcreto nel quale furono ritrovati molti oggetti di origine etrusca andati persi perché venduti.
La storia di questa chiesa è legata alla battaglia di Campaldino dell’ 11 giugno 1289 tra i Guelfi di Firenze e i Ghibellini di Arezzo, che il Villani definisce la più “maestrevolmente combattuta” fino a quel momento. La battaglia è famosa per le conseguenze politiche che ne derivarono e per i grandi personaggi che vi parteciparono tra i quali Dante Alighieri, ventiquattrenne, tra i feditori, cioè cavalieri che combattevano nelle prime linee dello schieramento. I Guelfi fiorentini ottennero la vittoria.
I Ghibellini erano condotti dal conte Guido Novello di Poppi e dal vescovo di Arezzo, Guglielmo degli Ubertini, che aveva lasciato il pastorale per impugnare la spada.
Il conte, accortosi che il proprio esercito stava per essere sopraffatto, si rifugiò nel castello di Poppi; il vescovo, vedendo la fuga del conte e sapendo che erano stati uccisi quasi tutti i capitani ghibellini, si gettò a cavallo nel folto della mischia dove rimase ucciso.
Durante la notte i frati trovarono il cadavere e lo portarono segretamente nel proprio convento di Certomondo senza indicare il luogo della sepoltura.
Solo 700 anni più tardi, grazie a ricerche scientifiche, furono rinvenuti sotto il pavimento della chiesa tre scheletri di uomini di 30, 40 e 70 anni circa. Quello di 70 anni fu analizzato e l’esito degli esami non lasciò dubbi: le ossa erano di Guglielmino, claudicante per un problema alla gamba destra.
L’11 giugno 2008 - 719 anni dopo la battaglia - i resti del vescovo e signore di Arezzo vennero trasportati nel Duomo di Arezzo dove riposano sotto il pavimento, come impone il diritto canonico per chi muore brandendo un'arma.
Curiosità: nella zona circostante si trovano i toponimi “Inferno”, “Purgatorio” e “Paradiso”.
𝑨𝒓𝒏𝒐𝒍𝒅 𝑩𝒐̈𝒄𝒌𝒍𝒊𝒏 (Basilea, 16 ottobre 1827 – San Domenico di Fiesole, 16 gennaio 1901) è stato un pittore, disegnatore, scultore e grafico svizzero, nonché uno dei principali esponenti del simbolismo tedesco.
In questo suo dipinto dal titolo “𝑳’𝑰𝒔𝒐𝒍𝒂 𝒅𝒆𝒊 𝒎𝒐𝒓𝒕𝒊” di cui ha fatto 5 versioni, è raffigurata una barca che accompagna il defunto nel suo ultimo viaggio.
Il conducente della barca evoca chiaramente il personaggio di 𝘾𝙖𝙧𝙤𝙣𝙩𝙚, il traghettatore delle anime nell’Inferno di Dante Alighieri.
Le interpretazioni di quest’opera sono numerose ed ogni intellettuale che vi si è cimentato ha dato una propria versione.
L’isola immaginaria fu forse modellata sul Cimitero degli Inglesi (a suo tempo denominato il Camposanto degli Svizzeri) di Firenze, che i fiorentini chiamavano l’isola dei morti per la sua particolare collocazione e che il pittore conosceva bene in quanto vi era sepolta una delle sue figlie morta a sei mesi durante uno dei suoi soggiorni nella nostra città.
Nel giro di pochi anni il quadro di Böcklin ispirò e ossessionò artisti vari, dal compositore russo Rachmaninov che scrisse un’opera con lo stesso titolo, fino a Freud che ne era letteralmente fissato, e addirittura Hitler, che ne comprò una delle tre versioni esistenti.
Dante si ispirò a una leggenda che faceva parte della storia dell’epoca.
La tradizione narrava che quando in Provenza regnava il Conte Raimondo Beringhieri giunse alla sua corte un “romeo” o pellegrino.
Pellegrino, da dove è venuto il nome generico, era denominato chi andava a San Giacomo di Compostela e riportava una conchiglia capasanta per dimostrare che era stato al tabernacolo del santo.
Questa pratica sembra derivata dall’uso della conchiglia nel battesimo e quindi come simbolo di penitenza e rigenerazione.
I “romei” erano coloro che andavano a Roma, i “palmieri” si recavano in terra Santa e, come segno della loro devozione, riportavano due foglie di palma incrociate.
Il pellegrino giunto in Provenza era Romée de Villeneuve (1170-1250). Stabilitosi alla corte, condusse gli affari di stato così bene che in breve tempo divenne primo ministro, conestabile e gran siniscalco di Raimondo Beringhieri o Berengario. Triplicò le entrate del tesoro e collocò in nozze regali le quattro figlie del conte: Margherita andò sposa a Luigi IX re di Francia, Eleonora a Enrico III d’ Inghilterra, Sancia a Riccardo di Cornovaglia e Beatrice, erede della contea, a Carlo I d’Angiò.
I cortigiani non tolleravano la sua potenza, lo screditarono agli occhi del principe che in parte credette alle loro calunnie.
Romeo si difese con dignità ma poi indossò il suo cappello con la conchiglia di Compostela, chiese di avere il suo mulo, il bastone e la sua bisaccia. Sparì povero come era arrivato tornando umile pellegrino, mendicando per il resto dei suoi giorni.
A cura di Elisabetta Brunetti
Dopo le invenzioni della macchina fotografica e da presa, alla loro popolarità e alla digitalizzazione, oggigiorno siamo immersi in un flusso continuo di immagini.Il fumetto con i suoi testi brevi, adattati grammaticalmente e lessicalmente all’uso linguistico attuale e che interagiscono con le vignette, probabilmente è più corrispondente alle abitudini di lettura del pubblico odierno che la narrazione in versi di Dante.Riferimenti all’arteLa tecnica di ricorrere ad adattamenti artistici della narrazione dantesca è frequente nel fumetto, come si può notare in un riferimento alle illustrazioni di Doré nel fumetto L'Inferno di TopolinoRiferimenti a sviluppi storici e tecnologici:L’Inferno di Paperino dimostra che gli sviluppi tecnologici possono indurre a nuove forme di peccato. Tra i dannati si trovano oltre ad inquinatori e burocrati, anche i pirati della strada che, da vivi, non hanno osservato lo stop. La loro pena è infatti di rimanere per l’eternità fermi allo stop con la macchina caricata sulle spalle. I tele-radio dipendenti sono invece tormentati da impianti stereo, giradischi, televisori ecc. che producono un chiasso infernaleA cura di Elsa ValgiustiCredits delle immagini: Martina, G., Bioletto, A., 2016, L’Inferno di Topolino [1949], in Carboni, S. (ed.), L’Inferno di Topolino e altre storie ispirate a Dante AlighieriAltra vignetta:. La vignetta a sinistra mostra i pirati della strada, ed è tratta da Chierchini/Marconi 2016:123; a destra i teleradiodipendenti, tratta da ibid.: 128.
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Il “vero volto di Dante”
Dal greco arpyiai, ladre, le Arpie erano rappresentate come mostri col volto di fanciulle, corpi ricoperti di penne come gli uccelli, artigli ai piedi, appollaiate sugli alberi a emettere strani lamenti e Dante le colloca nel girone di chi ha commesso suicidio.
Nella mitologia greca sono i simboli dei venti tempestosi, i poeti greci gareggiarono nel descrivere la loro bruttezza e deformità, rappresentate sopratutto sui vasi greci come mostri dal corpo d’uccello con testa umana.
Divinità funebri, oltre che nell’Inferno di Dante, si trovano queste creature fantastiche nell’Odissea di Virgilio, nell’Orlando Furioso di Ariosto che ne fa un lurido ritratto, nella Regina delle Fate, una allegoria di Spenser poeta britannico sotto il regno di Elisabetta I d’Inghilterra e nel Paradiso Perduto di Milton.